Sole e Baleno (una favola anarchica)

Opera originale di teatro musicaleTesto: di Pietro Babina – Musica: di Alberto Fiori – In scena: Serena Abrami, Pietro Babina, Alberto Fiori – Scenografia: e costumi: Pietro Babina – Una produzione di: Mesmer e Compagnia Orsini – Fotografie di scena: Claudia Maini – Con il sostegno di: Comune di Bologna, Ravenna Teatro, Agorà, Spazio Zut, Culturara/Casa della Cultura Italo Calvino, Giordano Bruno – Un ringraziamento speciale a: Sementerie Artistiche.



In Sole e Baleno, la struttura drammaturgica riprende quella de l’Opera da tre soldi di Brecht e Weil, pensata in un allestimento prevalentemente sonoro. Sul palco, una messa in scena ridotta ai minimi termini. Dialoghi, canzoni e musica elettronica dipanano un racconto che riunisce le parabole di Giulietta e Romeo e Sacco e Vanzetti in un unico dramma, in cui agiscono i grandi motori della tragedia: amore e morte, potere e ingiustizia. Il racconto si ispira, in modo libero, ad una storia realmente accaduta in Italia negli anni Novanta del ‘900, quella di Sole e di Baleno, due giovani uniti da un amore assoluto – e dal loro idealismo – che si scontrano con un potere e una società che prima reprime e uccide, poi riflette.


Viviamo in un’epoca di fascismo metafisico e endemico a cui la maggioranza di noi partecipa semplicemente stando in silenzio o lamentandosi nel privato, ma uniformandosi nel sociale, nel pubblico. L’idea che la ricerca del quieto vivere porti a stare bene si è nuovamente insinuata in tutte le classi sociali. Tutto è stato ammaestrato, educato; la protesta, la manifestazione del dissenso, sono stati educati con il risultato di neutralizzarli. La maggior parte di noi, sia giovani che adulti, che vecchi, percepisce nel fondo della propria esistenza una pressione o meglio un’oppressione a cui però non vuole o non sa dare ascolto e occultandola la relega sempre più in profondità. Quando l’oppressione ha origini così radicali, la società non può che essere oppressiva. Si fa un gran parlare di bio diversità, questo concetto è applicabile a tutto tondo anche alla società, al mondo specificatamente umano. Mai come oggi invece viviamo nell’omologazione, tutto ciò che liberamente o meglio naturalmente diverge, dissente, è percepito come destabilizzante, perturbante, ma di cosa? Le proteste che oggi vediamo sono educate e per questo fondamentalmente inefficaci poiché non fanno altro che ribadire lo status quo. L’uso massiccio di diserbo sociale, di antiparassitari sociali e ultimamente anche di pesticidi, sono la manifestazione concreta di una volontà di condurre le nostre società plurali ad un’unica società, una società, in cui il miraggio della felicità, quasi unicamente realizzata con lo shopping, guida una massa quasi totalmente cieca, quasi perché ancora avverte, quel profondo senso di oppressione, che non sa spigarsi e quindi vive come malessere, un malessere da combattere, non comprendendo che proprio in quella sensazione risiede l’unico motore di riscatto, di riconquista della libertà. La storia di Sole e Baleno racconta appunto di questo, di un momento in cui la bio diversità ancora era visibile e più presente, dove i fiori selvatici crescevano ancora ai bordi delle strade e non si vergognavano né di essere selvatici nè di vivere ai bordi delle strade e che, anche se spesso non lo abbiamo capito, con la loro irruente diversità e ricerca della libertà, tutelavano anche la nostra. Era quello un dissenso ineducato selvatico, non addomesticato, che si alimentava di quel senso profondo e metafisico ed anche etologico, di giustizia. Questa storia è avvenuta poco prima del G8 di Genova durante il quale è stato deciso che la società doveva essere gestita come una mono co(u)ltura e così è stato. E adesso eccoci qua, tutti più felici ad ascoltare una storia di tempi molto lontani.


Fotografie di Claudia Marini