M (il discorso di Metz)


Reenactment del discorso tenuto da Philip K.Dick a Metz (FR) in occasione del festival Internazionale della Science Fiction, a Metz (Francia), nel 1977, in qualità di ospite d’onore della kermesse

M (il discorso di Metz), entra a far parte di una serie di lavori in cui un personaggio (o più) incontra un uomo. Il personaggio diventa l’occasione per l’uomo di parlare cose indicibili nel quotidiano. Cose che se dette ad una tavola, durante una cena, provocano irritazione o derisione. Sulla scena quelle stesse parole diventano ammissibili. Trovano ascolto. È un trucco che l’uomo ha escogitato per parlare di ciò che si agita nella sua testa, nel suo animo. Philip K. Dick non era un personaggio, ma poi lo è divenuto. Divenire personaggio è un’aspirazione, una via escatologica. Il discorso di Metz tenuto da Dick nel 1977 è nato per esser pronunciato e ascoltato. È probabilmente l’unico pezzo di teatro scritto da Dick. Un pezzo che ha interpretato personalmente. Ripetendolo fedelmente intendo sottrarlo alla sfera del reale per portarlo in quello della finzione che per alcuni umani è l’unica realtà possibile.

Interpretazione e regia: Pietro Babina Produzione Mesmer

note di regia

Del discorso tenuto da Philip K.Dick esistono almeno due versioni, la più nota è quella passata a stampa e pubblicata in varie versioni e traduzioni, una seconda (ma in realtà temporalmente la prima), meno conosciuta, o se non altro ritenuta minore, è la versione che effettivamente Philip Dick lesse a Metz durante il convegno. Questa è sostanzialmente una versione tagliata dallo stesso Philip Dick, della versione che poi venne pubblicata successivamente per intero. Questa duplice versione non mi era nota fin da subito, infatti ho cominciato a lavorare sulla versione a stampa, ma dopo alcune prove, mi sono reso conto che la durata era molto lunga ed era improponibile e quindi avrei dovuto operare dei tagli, ma quali? Ovviamente, nel tagliare, si sente sempre di agire un arbitrio per quanto necessario.

La mia intenzione, fin da subito, era quella di riprodurre il più fedelmente possibile l’intervento di Dick al convegno. Non volevo “interpretare” il testo, mi sembrava e mi sembra ancora, più interessante ricreare la situazione reale e usare Philip Dick come personaggio. Questo consente di ottenere un’aderenza totale tra personaggio e testo, di avere un personaggio ben definito in una cornice ben definita e questo permette di rivolgersi direttamente al pubblico, senza introdurre artifici o forzature. Inoltre mi è sembrato più interessante, da un punto di vista attoriale, l’aderire alla persona-personaggio, lasciando che l’adesione ai contenuti avvenisse di conseguenza.

Tornando alla questione specifica del testo, come detto si trattava di agire dei tagli e nel mentre cercavo di comprendere quali, ho cominciato una ricerca iconografica per poter ricostruire la situazione del convegno di Metz. È stato nel corso di questa ricerca che mi sono imbattuto nel videotape che documenta l’intervento di Dick mentre legge il suo discorso al convegno. Perfetto! A questo punto si trattava di copiare il più fedelmente possibile. Avevo così la traccia da seguire sia sul piano iconografico che registico. Nel video, si possono trovare tutte le cose necessarie alla ricostruzione, tra cui: abiti, oggetti, azioni, piccoli inserti estemporanei che non sono riportati nel testo a stampa, ma soprattutto la dichiarazione iniziale di Dick di aver dovuto tagliare il suo discorso per necessità di durata. Va da sé che il problema di cosa tagliare scompare immediatamente, avendo a disposizione i tagli agiti dallo stesso autore. Perciò, la riduzione del discorso che propongo (per chi conosce la versione estesa) è decisa dallo stesso Dick. A questi tagli se ne aggiunge uno, deciso, invece, se si vuole, dalla tecnologia, ed è quello dovuto alla fine del nastro, che interrompe il discorso. Sulle prime non sapevo cosa fare: potevo proseguire tenendo il testo a stampa, oppure potevo continuare facendo dei tagli a mia discrezione, oppure, ed è quello che alla fine ho fatto, potevo interrompermi esattamente nel punto in cui si interrompe il nastro. Credo che quando sentirete il discorso di Dick, sarete d’accordo che questa scelta sia coerente rispetto ai concetti espressi. In tutto questo, tuttavia, sono comunque stato costretto a fare delle scelte arbitrarie dovute a esigenze di scena,  poiché nel video Dick legge il discorso a piccoli brani alternandosi con l’interprete francese. Ho riflettuto se fosse necessario riprodurre anche questo aspetto, ma mi sono convinto che si sarebbe trattato di un eccesso, una pedanteria inutile e controproducente in termini teatrali. Tuttavia quella dinamica influiva sul flusso ritmico del discorso e del modo di leggerlo da parte di Dick ed anche permetteva delle brevi interazioni. Quindi ho cominciato a cercare un escamotage che in parte, senza copiarlo, restituisse quel tipo di flusso. Un’altra cosa che rimaneva irrisolta, era il fatto che si trattasse di un discorso più ampio, di cui erano state tagliate delle parti: come poteva rimanere traccia di questo? È stato dall’intreccio di questi due problemi che ho deciso di scandire la lettura del discorso – e questo è forse l’unico artificio teatrale – con delle interruzioni BUIO/LUCE, corrispondenti ai punti di taglio del testo esteso. Mentre il taglio finale, come detto, corrisponde all’interrompersi del videotape. Dal video ho anche preso le piccole interiezioni estemporanee e l’introduzione che precede il discorso vero e proprio e ho cercato di riprodurre l’immagine compresa nell’inquadratura il più fedelmente possibile.

Per quanto invece riguarda considerazioni sui contenuti espressi dal testo, sulla loro attualità o inattualità, sulla loro follia o lucidità, sulla loro insensatezza o sensatezza, sulla loro preveggenza o paranoia, non voglio esprimermi. Non voglio incanalare il pensiero. Che sia lo spettatore a decidere, che sia lui a fare lo sforzo di comprendere se il tempo che ha dedicato a questo ascolto ne sia valso la pena. Se il tempo che io ho dedicato per creare questo lavoro sia valso la pena, ma soprattutto se il tempo che Philip Dick ha dedicato per scrivere questo discorso, per volare in Francia, leggerlo al pubblico di Metz e poi pubblicarlo in varie edizioni in tutto il mondo, sia valso la pena. Da questa fatica valutativa, sono convinto che lo spettatore possa trarre risposte più ampie rispetto ad una mia eventuale analisi del testo. E anche rispetto a cosa, nella vita, valga o non valga la pena.