Visual Grammar

VISUAL GRAMMAR
Di e con: Alberto Fiori, Pietro Babina
Performer: Claudia Marini, Gemis Luciani, Francesco Vecchi


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Visual Grammar
è ispirato all’omonimo libro di Christian Leborg

Visual Grammar
è un set è inusuale e nasce da un’esigenza più performativa. Non si tratta di proporre una sequenza di brani musicali  ben accostati per animare una serata o proporre un flusso musicale composto da samples e loop originali.
L’idea è appunto quella di proporre un’azione più complessa di cui la musica è un elemento fondamentale.

L’avvento del walkman ha introdotto nel quotidiano nella “normalità” l’assoluta sovrapposizione tra musica e immagini, con il Vjing si giunge alla proposta di una versione autoriale della “walkman-vision”. Oggi la creazione video è divenuta elemento importante, se non fondante di eventi musicali soprattutto nell’ambito della musica elettronica e ha visto nascere artisti che nella loro produzione artistica fondono le due cose.

Visual Grammar è una risposta, una proposta analogica, a questa forma, in cui l’elemento dell’intervento diretto e visibile dell’umano si fa più esplicito ed anche più imprevedibile nei suoi sviluppi e variazioni.

L’idea in sostanza è quella di costruire una scena sulla quale agiscono contemporaneamente  un atto performativo, una selezione musicale, degli strumenti musicali ed un’ immagine analogica (non video, non elettronica).

La lista musicale è costituita da 7 brani originali di musica elettronica. I 7 brani sono ispirati ai capitoli del libro VISUAL GRAMMAR di Christian Leborg nel quale l’autore analizza gli elementi fondamentali che costituiscono un immagine e la sua percezione.

I 7 brani hanno i medesimi titoli dei 7 capitoli del libro di Leborg e sono:

1.  ABSTRACT OBJECTS   2. POINT   3. LINE   4. SURFACE
 5. VOLUME   6. DIMENSION   7. FORMAT

Su questi  brani elettronici, intervengono i musicisti che, a volte, seguendone l’estetica sonora a volte mettendola in crisi; in una sorta di jam session a distanza temporale.

Tutto il contesto musicale interagisce con la creazione di un’ immagine, un’ immagine specifica  fatta di elementi reali. Un grande collage fatta con carte fluò e illuminata da luci wood che si realizza sulla durata del concerto. Solo alla fine dell’evento sarà conclusa e quindi potrà essere percepita nella sua interezza (anche la parte visuale è ispirata al libro di Leborg). Non si tratta dunque di un video che rafforza e segue la velocità del bit della musica, ma al contrario un’immagine che impone un suo tempo di produzione e di visione.

Il tutto crea un insieme che lascia nel luogo di esecuzione un segno fisico, un’immagine che nel momento in cui viene conclusa, trova il suo vero momento di esposizione perdurando così oltre il tempo dell’azione in sé.

 


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