Histoire de “F” (2014)

Histoire de “F” (Come Faust e Margherita divennero una sola anima corrotta)

Forse In una provincia indefinita. Forse un’attrice drammatica. Forse Faust.
Esce dallo scaffale impolverato il libro evocando dal nulla personaggi, voci e luoghi, che in forme fantastiche e spettrali si producono sulla scena dando vita ad una fantasmagoria. F si aggira circondata e posseduta da personaggi e fantasmi. Giunta come Faust al momento del patto col diavolo sprofonda nel baratro trascinando con se ogni cosa in una emblematica deriva sadiana in cui la sua ragione, la sua cultura e i suoi principi di libertà si pervertono nella carne viva di un nouvelle Margherita votata alla corruzione, la nostra Margherita.



Foto di Claudia Marini. Tutti i diritti sono riservati.


Alcune note di regia per Histoire de “F”
 “Vedi, quando dico vaffanculo, vedo proprio un coito anale, tu no? […] Io ho bisogno della trivialità come per difendermi dalla spiritualità. Vedi, a tredici, a quindici, a vent’ anni io mandavo avanti tutte queste parole grosse, forti, che richiamavano cose reali, fetenti, odori forti, escrementizi, merda, piscio, perché la gente non vedesse dentro di me, com’ero fatto, perché il mio cuore era molle, gentile e avevo paura che me lo schiacciassero.” [da Buone notizie di Elio Petri]

Perché il nostro Faust è donna? Proprio perché è uomo. Non spiegherò di più e lascio agli intuitivi comprenderlo. Dice Mefistofele in tono canzonatorio: “L’alta forza della scienza è celata a tutto il mondo! La regalo a chi non pensa, che l’avrà senza penare” Perché Faust? Perché la disperazione di Faust mi appartiene, quel suo disperato inseguire una conoscenza, una verità che sempre sfugge, il rovello infinito, il palleggiarsi tra Ragione, Natura e Dio. Per me questa è esattamente la tensione che provo nell’Arte, una parola che per me potrebbe sostituire e radunare in sé la Ragione, la Natura e Dio. 

Un sentimento fuori luogo e fuori tempo, quello che provo nell’ostinarmi a dare all’Arte un valore, un senso, i quali dovrebbero, in un qualche modo, darmi alcune risposte. Un ostinarmi che mi rende persino ridicolo e che pur tuttavia non riesco ad abbandonare, che forse è un anacronismo o forse semplicemente un’ottusità. Io mi sento simile a Faust in questa ostinazione a parlare di Arte quando, è chiaro, questo è ormai un argomento che non interessa più a nessuno e forse non è neanche più un argomento, è solo un’etichetta per distinguere alcuni prodotti culturali (vedasi il personaggio di Wagner). E in questa tensione sfondata, è inevitabile a volte prendere in considerazione la possibilità di lasciarsi andare completamente e definitivamente in un volo a precipizio, nell’abbandono totale di ogni cosa, nell’immoralità senza limite. È una vertigine che si prova. E come eccessivamente si è inseguito il sublime così altrettanto eccessiva dovrà essere la corruzione vagheggiata. Totale. Ecco perché ad un tratto appare De Sade. Questo drammaturgo, le cui opere pochissimi hanno veramente letto, che pochi sanno aver dato il nome al sadismo e moltissimi non sanno neanche chi sia, è l’emblema di come tutti i percorsi della ragione e della civiltà contengano in essi l’energia che li conduce a pervertirsi (si veda a tal proposito la Dialettica dell’Illuminismo di Horkheimer e Adorno). Viviamo un tempo in cui la forza raziocinante che doveva condurci ad un grado superiore di civiltà ci ha portato ad un nuovo stato di barbarie a cui tutti hanno contribuito. Quella tensione civilizzante si è pervertita in caos il cui corpo, della pratica sadiana, è la società. Quella società che ha trasformato l’Arte in un prodotto di piacere. Un pervertimento del quale non mi rassegno e nel quale forse troverò la mia estinzione. Faust sembra incarnare questo percorso. Una tensione estrema verso la ragione, il sapere, il comprendere, che lo conduce nella sua impotenza a vendersi al mistero oscuro del piacere e a trascinare con sé tutto e tutti. Ma in questo caso non c’è nessuna morale che si opponga anzi, la corruzione di Faust merita un applauso, “Finalmente! così la smetterà di rompere i coglioni” una approvazione che Margherita suggella con il suo culo.

Ci ho messo tutto di me in questo Faust, l’infanzia e il suo cuore, il teatrino dei burattini, la poesia, la trivialità, il sarcasmo e forse anche il dileggio gratuito. [Pietro Babina]


Produzione Tra un atto e l’altro & Mesmer
Regia e drammaturgia Pietro Babina

Con Francesca Mazza, Fabrizio Croci
e con le voci di Maurizio Cardillo, Marco Cavalcoli, Gino Paccagniella, Sandra Soncini, Mila Vanzini.

Concept scenografico Pietro Babina

Immagini scenografiche di Claudia Marini
Animazioni digitali Pier Paolo Ferlaino
Sonoro Studio Arkì
Aiuto Regia Mila Vanzini
Arrangiamento musicale Guido Sodo
Promozione Viviana Vannello
Scenotecnica Giovanni Brunetto

Si ringraziano Chiara Fava e Pathosformel
Un ringraziamento speciale a Pubblico. Il Teatro di Casalecchio di Reno.
Realizzato con un sostegno residenziale di Teatri di Vita